N°5
LA RICERCA DELL’INFELICITA’
(I parte)
Appartamento di
Clint Barton a Coney Island.
Le tapparelle erano abbassate, per non fare entrare la luce del pomeriggio. Clint era seduto sul divano, svaccato. Era trascurato, coi capelli spettinati e la barba lunga da giorni, in linea con lo stato in cui versava il suo appartamento: cartoni della pizza accumulati, bottiglie di birra vuote, tramezzini mangiati a metà, vestiti sporchi sparpagliati per casa. Il suo aspetto e lo stato in cui versava l’appartamento rispecchiavano il suo stato d’animo. Stava tutto il giorno buttato sul divano, ad ascoltare continuamente quella vecchia canzone:
oh Mandy
You came and you gave without
taking
But I sent you away,
oh Mandy
You kissed me and stopped
me from shaking
And I need you today... *
* = Oh
Mandy, sei arrivata e hai dato senza prendere, ma ti ho mandato via, oh Mandy
mi hai baciato e i hai fatto smettere di tremare e ho bisogno di te oggi...
Mandy. Acronimo di “Me and You”. Era la loro canzone, sua e di Bobbi. Bobbi... s’era anche recato sulla sua tomba per dirle addio, per ricominciare una nuova vita, per lasciarsi il passato alle spalle... e per cosa? Per scoprire di essersi fidanzato con una bugiarda, che il loro amore era una farsa? Ma come aveva fatto a cascarci? Aveva ragione Demonicus a definirlo un gonzo, un allocco? Tutte le persone a cui Clint ha voluto bene o sono morte o si sono rivelate dei farabutti. I suoi genitori, morti in un incidente d’auto. Suo fratello Barney e i suoi due maestri, lo Spadaccino e Trickshot, criminali incalliti. Il suo primo amore? Una spia comunista, che lo indusse a battersi contro Iron Man. Non c’è da stupirsi se in gioventù Clint fosse uno spaccone irascibile. L’ingresso nella sua vita di un mentore virtuoso come Capitan America e di una donna generosa e onesta come Bobbi gli aveva portato molti benefici, aiutandolo ad esprimere il suo reale potenziale, ma adesso anche loro sono morti. Con Belinda sembrava potesse avere l’occasione di ricominciare, di lasciarsi il passato alle spalle... e invece, era ricaduto in quel vecchio errore, quello di aprire il proprio cuore ad una bugiarda. Un’altra volta. No, ma stavolta è l’ultima, pensò. D’ora in avanti solo avventure. Non posso rischiare nuovamente di ricascarci. E’ stata l’ultima volta che una donna mi spezza il cuore in questo modo. L’ultima volta. Mentre rimuginava, sentì la porta di casa aprirsi e Jessica entrare nell’appartamento.
<Ehilà... c’è qualcuno?> domandò ironicamente. Non ottenne risposta.
<Mamma mia che buio... e chi sei, il conte Dracula? Facciamo entrare un pò di luce...>
<Lascia stare Jess. Va via.>
<Ma dai, sembra di stare in una cripta... dovresti uscire, prendere aria...> e cercò di tirare su la tapparella.
<T’HO DETTO STA’ FERMA! > gridò lui. Seguì un lungo minuto di silenzio. Jessica comprendeva perfettamente come si sentiva, il dolore che provava, e vederlo in questo stato faceva stare male anche lei. Si sentiva impotente, inutile.... voleva assolutamente fare qualcosa per farlo star meglio, ma non sapeva cosa. Si avvicinò lentamente e si sedette accanto a lui.
<Clint... non devi colpevolizzarti. Come potevi saperlo? Ci sarebbe cascato chiunque... aveva conquistato anche me e Kate. Chi poteva immaginare cosa c’era dietro?>
Lui non le rispose. Forse Jess aveva ragione, era impossibile prevedere il diabolico piano che c’era dietro... ma di certo poteva risalire a tutte le persone che vi avevano partecipato. E per farlo, avrebbe strapazzato tutti i balordi della città pur di scoprire ciò che voleva sapere.
Prigione
federale di New York.
Occhio di Falco andò a trovare Francine Newandyke per interrogarla, accompagnato dall’agente Angela
Del Toro. Era la prima volta che i due si
vedevano da quella faccenda di Demonicus. Guardarla in faccia era una
stilettata nel petto. L’averla rivista lo aveva reso nervoso, teso. Sentiva
battere forte il cuore e si sforzava di non farle vedere che gli tremavano le
mani.
<Non aspettavo
visite... tantomeno la tua.> disse lei.
<Non ne avrai
altre, infatti. E non aspettarti nient’altro da me.>
<Perchè sei qui,
allora? Ho già detto tutto quel che sapevo sul dottor Birely a miss FBI, qui.>
<Non tutto. Demonicus ha detto di aver reclutato qualcuno
per addestrare quelle ragazze. Voglio sapere chi è e dove posso trovarlo.>
<Non lo so, mi
dispiace. Io non sono stata sottoposta all’addestramento, come sai. Non sono a
conoscenza dei dettagli, era solo una pedina del suo piano. Il mio compito era
sedurti...> quella frase gli fece male, e lo innervosì ulteriormente, ma
mantenne la calma.
<Qualcosa devi
pur aver sentito. Mi basta il minimo indizio... un nome, un luogo...>
<No, nessun
nome. Ma mi par di ricordare però di averlo sentito nominare una “sorda” una
volta... ma non so nient’altro. Anzi si, l’ultima volta che l ho visto diceva
di essere stato al porto per reclutare gli uomini.>
<E’ tutto?>
<Si, non so
nient’altro, te lo giuro.>
<Non giurare...
non so che farmene della parola di una bugiarda. Se ti viene in mente
qualcos’altro dillo all’agente Del Toro, lei saprà come contattarmi. Ah, e sarà meglio per te che non sia un’altra
trappola o, sono io che te lo giuro, stavolta non la farai franca.>
<No, nessuna
trappola. E’ tutto vero...> Falco e la Del Toro si alzarono in piedi,
l’agente uscì dalla stanza dell’interrogatorio per chiamare i colleghi affinchè
la riportassero in cella
<Il colloquio è
terminato, venite.> esclamò.
Lui e Francine
rimasero soli per qualche secondo.
<Clint... perchè
l’hai fatto? Salvarmi, intendo...>
<Non l’ho fatto
per te. L’ho fatto per Bobbi... è il suo volto, quello. Non avrei mai permesso
che venisse deturpato.> rispose lui, secco.
<Comunque ti
devo ringraziare, mi hai salvato la vita... dopo tutto quello che t’ho fatto.
Io...>
Non la fece
terminare di parlare e prese l’uscio. Poi però si fermò di scatto e le rivolse
un’ultima frase:
<Un’altra
cosa... tagliati i capelli. E tingili.> in modo da non somigliare più a
Bobbi, pensò dentro di se. Ma non lo disse.
<Faccio questo
mestiere da un pò. Credo che non mentisse.>
disse l’agente Del Toro.
<Si lo penso
anch’io.> rispose Occhio di Falco.
Non era molto, ma
almeno aveva una traccia.
In un bar della zona del porto. Quella sera.
Era uno dei posti
peggiori della città, uno di quelli che ispirano gli scrittori di romanzi noir.
Fetido, puzzolente, l’aria rese irrespirabile dall’odore stantio della birra e
dal fumo delle sigarette, che creavano una sottile nebbia all’interno del
locale, dove le luci erano già molto basse. Dal juke box risuonava quella
vecchia canzone di Chip Taylor rese celebre dai The Troggs e da Jimi Hendrix, “Wild Thing”. Improvvisamente, una freccia colpì in pieno la cassa, spaccandola in
due e facendo piombare il locale in un insolito silenzio.
<Ho bisogno di informazioni e sarà meglio per voi vermi che me le
diate, e in fretta. Chi di voi falliti è Eddie l’appiccicoso?> gridò Occhio
di Falco, dopo essere salito sopra un tavolo di biliardo.
Uno di quei “falliti” estrasse dalla fondina una beretta, ma non fu
abbastanza veloce: una freccia lo privò dell’arma e una palla da biliardo,
calciata con precisione, lo colpì in faccia. Alle sue spalle un tizio cercò di colpirlo con una stecca ma Falco schivò
il colpo saltando all’indietro, atterrando alle sue spalle e stendendolo con un gancio. Un rumore di vetri frantumati lo
avvertì dell’imminente attaccò da parte di un’altro, che cercò di pugnalarlo
con una bottiglia di birra rotta; tentativo che andò a vuoto perchè il
Vendicatore fu più rapido nell’evitare l’attacco e nel metterlo k.o. con una
gomitata in pieno volto. Scoppiò un manicomio, tutti cercarono di eliminare
l’arciere mascherato: i pugni e le frecce cominciarono a fioccare,
immobilizzando e mettendo fuori combattimento tutti i balordi presenti. In breve
tempo, il locale era devastato, fatto a pezzi, con un mucchio di gente distesa
per terra, dolorante o priva di sensi.
Uno di questi, strisciando lentamente, cercò di impossessarsi di una pistola
finita sotto al biliardo. Falco gli pestò la mano, facendolo urlare dal dolore.
<Allora verme...
torniamo alla domanda di partenza: chi è Eddie l’appiccicoso?>
<I- Io - io....
non lo... so...> disse piagnucolando.
Alle loro spalle un
uomo cercava di scappare camminando radente al muro. Clint lo sentì e scoccò
una delle sue frecce, che si conficcò un centimetro sotto il cavallo dei suoi
pantaloni.
<AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!!>
gridò dallo spavento.
<Dal modo in cui
cerchi di svignarsela direi che sei tu l’uomo che cerco, c’ho preso?>
<C-Che c- cosa
vuoi? > chiese, terrorizzato.
<Sto cercando
informazioni su una certa “sorda”... una tosta, si dice che addestri gente per
i lavori più duri.>
<N-Non conosco
n-nessuna sorda...>
<Ma davvero
Eddie? Pensaci bene perchè la prossima freccia te la pianto un pò più su...
vediamo se ti si scioglie la lingua...>
<NO!
ASPETTA!> disse, sudando freddo per la paura <Non so dove trovarla, ma so
chi si serve di lei... c’è uno strip club chiamato Full 80 ... vai lì e chiedi di Bobby Mayer. Lui saprà dirti come
contattarla.>
<Sarà meglio per
te che sia vero...> disse Falco, a muso duro. Poi si allontanò di scatto,
quando vide che Eddie se l’era fatta sotto per lo spavento.
<Che schifo....
ora ho capito perchè ti chiamano l’”appiccicoso”. Fatti un favore e consulta un urologo...>
e lasciò quel posto.
Al Full 80.
La favolosa Miss
Wonder aveva appena iniziato il suo spettacolo ed il pubblico era già senza
fiato: agitò la folta chioma bionda, poi si strusciò al palo della lap dance piegandosi a novanta gradi e
un boato entusiasta si levò dal pubblico. Era sul punto si sganciarsi il top del minuscolo bikini quando dall’alto piombò
Occhio di Falco ad interrompere l’eccitante spettacolo. Tutti ammutolirono;
erano al corrente della scia di violenza
che l’arciere s’era lasciato dietro nei giorni scorsi.
<Ok balordi ve
la faccio semplice: ditemi dove posso trovare Robert Mayer (1) e me ne andrò senza pestare nessuno, e voi potrete tornare a
sbavare sulle grosse tette della signorina alle mie spalle.> guardò minacciosamente tutt’intorno in cerca
di qualcuno che parlasse.
<Allora? >
Nessuno aprì bocca
ma tutti all’unisono si girarono verso il tavolo sul centro-sinistra dove
sedava un uomo di grossa stazza, castano, in abiti eleganti, accompagnato da
due belle ragazze, una mora vestita di grigio e una bionda col vestito bianco.
Con un balzo Falco saltò dal palco al tavolo incriminato.
<Così sei tu il
mio uomo... non voglio spaventare le tue amichette, quindi cerca di essere
collaborativo o dovrò portarti fuori di qui e riempirti di botte> così
dicendo lasciò cadere dalle mani una delle sue frecce che si piantò sulla
sedia, tra le gambe di Mayer.
<C-Cosa vuoi
s-sapere?> chiese questi, fingendo di non
essere spaventato.
<Sto cercando
una che chiamano “la sorda”. Eddie l’appiccicoso mi ha fatto il tuo nome e,
come te in questo momento, aveva una freccia a pochi centimetri dalle palle,
quindi non credo che mentisse.>
<S-Si, la
conosco infatti...>
<Dimmi
dov’è.>
<Non è così che
funziona... nessuna sa dov’è. Non siamo noi ad andare da lei, ma è lei a venire
da noi.
P-Per contattarla
devi andare al Red Bear. Bisogna
andare lì per commissionale dei lavori... >
Falco si piegò in
avanti per fissarlo negli occhi.
<Farai meglio a
dimenticarti di questa conversazione, o tornerò...> gli disse sottovoce, poi
recuperò la sua freccia e gli infilò una mano nella tasca interna della giacca,
sfilandogli un bel gruzzolo di verdoni.
Tornò sul palco
dove Miss Wonder se ne stava lì impalata senza fiatare. Falco prese la mazzetta
di soldi sottratta da Mayer e gliela infilò tra i grossi seni, ammiccandole.
Appartamento di
Clint Barton a Coney Island, all’alba.
Occhio di Falco
entrò dalla finestra e si tolse la maschera, tirandola all’indietro sul collo.
Si accorse immediatamente del cambiamento all’interno del suo appartamento: era
stato completamente ripulito, riordinato. Addormentata sul divano, accanto alla
cesta del bucato appena fatto, c’era Jessica. Clint la prese in braccio e la
portò nella sua stanza, adagiandola sul letto completamente rifatto. Dopodichè
si tolse il costume, si fece una doccia e si sdraiò lui sul divano.
Venne svegliato
verso l’una dal profumo delle salsicce e della pancetta fritta.
<Buongiorno!>
le disse lei, molto dolcemente.
<Buongiorno a
te...> rispose lui, alzandosi con un lieve mal di testa e andando a sedersi
in cucina, dove lei le aveva preparato una tazza di caffè bollente.
<Jess... hai passato davvero il tuo venerdì sera a ripulire lo
schifo che avevo lasciato?>
<Se continuavi a
lasciarlo così ben presto ci avremmo trovato i topi> disse lei con un tono
da rimprovero.
<Si beh... hai
ragione.> rispose imbarazzato,
<Però non avresti dovuto, io....> non
sapeva cos’altro aggiungere, poi si addolcì e le disse:
<Grazie,
Jess.>
Jessica gli si
sedette accanto e, in modo molto affettuoso, iniziò a parlargli:
<Clint, sono
preoccupata per te... per il modo in cui ti stai lasciando andare. Lo so che ci
stai molto male... lo capisco. Però senti, devi reagire, non puoi lasciare che
l’abbiano vinta loro. Non lasciare che questa storia ti spezzi.> e gli accarezzò dolcemente il braccio.
<Sai che
dovresti fare? Dovresti uscire, distrarti... molla per un pò arco e frecce...
chiama un amico, vai al cinema, alle partite di baseball o semplicemente a bere
qualcosa...>
<Tutti i miei
amici sono supereroi, Jess... non conosco nessuno all’infuori della base dei
Vendicatori. > Jessica notò un velo di tristezza in quest’affermazione, e
cercò di tirarlo su.
<Beh dai....
adesso conosci me: ti assicuro che i miei unici superpoteri li uso tra i
fornelli... e neppure troppo bene!>
<Allora magari
qualche volta potremmo andare a cena fuori> le disse lui sorridendo, ma poi
aggiunse:
<Ma non ora. Sto
seguendo una pista, e non posso mollare proprio adesso.>
Quella sera infatti
Clint, dopo avere riposto nell’armadio il suo costume e averlo sostituito con
un giubbotto di pelle e un berretto di lana,
andò al famigerato Red Bear (2)
alla ricerca di questa “sorda”. Il Red Bear era noto nell’ambiente per
essere un ritrovo per detective e mercenari. Spesso anche alcuni supereroi si
erano recati lì in cerca di informazioni. Clint
però, dopo le escandescenze dei giorni scorsi, decise di adottare un approccio
decisamente più soft, recandosi sul posto in incognito e sotto falso nome.
Entrò spingendo le porte stile saloon
e si sedette al bancone, ordinando una birra. Si guardò attorno, cercando
di non attirare l’attenzione. Dopo circa venti minuti Il barista si accorse di
quel suo scrutare, e si avvicinò.
<Cerchi qualcuno, amico?> gli domandò.
<Si e no> rispose <O meglio, non qualcuno in
particolare. Mi dicono che questo è il posto giusto per reclutare tipi in gamba
per un lavoro.>
<Come ti chiami?>
<Malloy. Terry Malloy. (3)>
<Sei nuovo nella
mela?>
<Sono tornato da poco... ho bazzicato a lungo a
L.A..>
<Per che tipo di lavoro ti serve... un pedinamento,
un pestaggio.... spionaggio?>
<No, nulla del genere. Mi serve qualcuno che
addestri degli uomini. Mi hanno parlato di una sorda.>
<Ah si? E chi te ne ha parlato?>
<Eddie l’appiccicoso e Bobby Mayer. Dicono che è
una tosta.>
Si misero d’accordo sul compenso: Clint gli allungò un paio di centoni e il
suo numero di cellulare.
<La sorda ovviamente non usa il telefono, ma c’è chi gestisce gli affari
per lei. Ti faccio contattare.>
Si strinsero la mano in segno d’intesa. Finì la sua birra e uscì dal locale
soddisfatto. Il piano era riuscito. Ora non rimaneva altro che aspettare. Ma l’attesa era la parte più estenuante, per
l’impulsivo Occhio di Falco. Stette tre giorni ad aspettare che quel maledetto
telefono squillasse, invano, finchè la quarta notte, mentre stava sventando un
tentativo di stupro, il cellulare finalmente squillò. Falco rispose mentre
affrontava il maniaco.
<Sei Malloy?> chiese la voce dall’altra parte del telefono.
<Si.>
<Sei occupato?>
<No, parla pure.>
<Ma che è ‘sto casino?>
<Niente è.... la televisione. Sto guardando un film di Steven
Seagal.> rispose, schivando una coltellata piegandosi all’indietro.
<Mi hanno detto che hai chiesto della sorda.>
<E’ così. Tu tratti per conto suo?> disse abbassandosi, evitando un
secondo fendente.
<Si è così infatti. Dobbiamo incontrarci per parlare d’affari. Quando
sei libero?> gli chiese l’altro.
<Per me anche domani. Dove facciamo?> domandò Clint, mentre colpiva
il suo assalitore con una gomitata fortissima sotto il mento, mettendolo
definitivamente K.O..
< Facciamo per le undici al Lucky Bar. Sai dov’è?>
<Lo conosco.>
<Bene. Chiedi di Daniel.>
Daniel. Finalmente il suo uomo aveva un nome. E la sera dopo gli avrebbe
dato anche un volto... un volto che non vedeva l’ora di riempire di pugni.
Il Lucky Bar. La
sera dopo.
Clint anzi “Terry
Malloy” si presentò puntuale come un orologio svizzero sul luogo
dell’appuntamento. Andò al bancone e chiese di Daniel, come gli era stato
detto. Il barista, mentre asciugava un bicchiere, gli indicò un tavolino alle
sue spalle. Il suo uomo era seduto là che lo aspettava, con davanti una caraffa
di birra e due boccali ghiacciati.
<Daniel?>
chiese avvicinandosi.
<Si. Tu devi
essere Terry, dunque.> rispose, stringendogli la mano.
Clint lo guardò
attentamente, studiandolo: capelli castani, stempiato, con un folto pizzetto.
Aveva una vistosa cicatrice lungo la gola. Un volto praticamente sconosciuto.
<Vieni, siediti
Terry, fatti una birra.> disse riempiendogli il boccale. Mandarono giù una
bella sorsata, poi presero a parlare d’affari.
<Allora dimmi,
perchè cerchi la sorda?>
<Ho sentito dire
che è la migliore. Mi serve qualcuno che alleni alcune ragazze per un
lavoro.>
<Che tipo di
lavoro?>
<L’uomo per cui
lavoro... di cui non sono autorizzato a farti il nome... ha un rivale in affari
nella West Coast che deve venire
eliminato. Il tizio non lascia mai la sua villa: sofisticati sistemi di sorveglianza,
guardie del corpo ovunque... in pratica, è inavvicinabile. Ma ha vizietto, ama
le donne di facili costumi, sono certo che hai capito a cosa alludo...>
disse strizzandogli l’occhio <Ed è così che vogliamo beccarlo. Abbiamo
alcune ragazze da intrufolare ad uno dei suoi festini, ma necessitano di
addestramento. Abbiamo una sola occasione e non possiamo fallire. Dobbiamo
essere certi che non falliranno.>
<Per quello
posso garantirtelo. Ma parliamo di soldi...>
<I soldi non
sono un problema: “qualunque cifra ti chiedano, accetta” mi ha detto il mio
capo. “Qualunque cifra”, mi spiego? L’eliminazione del bersaglio ha la
priorità. Per cui, il costo non è un problema. Piuttosto, sono qui per avere
garanzie sulle qualità della ragazza.> e finì la sua birra.
<Ho capito, vuoi
provare la merce prima di acquistarla; l’avevo previsto.
Vieni con me allora..>
<Dove mi
porti?>
Lo condusse nello
scantinato, che era gremito di gente. Al centro
della stanza c’era un rudimentale ring.
<Sono certo che
avrai sentito parlare delle Street Fight no?>
<I combattimenti
clandestini, intendi?>
<Precisamente.
Se volevi vedere la sorda in azione, ti consiglio di tenere gli occhi incollati
al ring. Eccola, è lei...>
Finalmente la sua
ricerca aveva dato i suoi frutti. Era una latino-americana, alta e con un
fisico atletico. Lunghi capelli corvini tenuti in una coda alta, legati sulla
nuca. Indossava solo un top nero che lasciva scoperti gli addominali scolpiti e
dei leggings attillati, anch’essi neri. I suoi pugni erano bendati, come quelli
dei pugili. Salì sul ring dove attendeva il suo avversario, che non tardò ad
arrivare. Era un russo sui due metri, un colosso di muscoli con una folta barba
scura e un taglio da moicano. (4)
<Chi è quel
mostro?>
<Si chiama
Andrey e viene dalla Siberia. Appena ha saputo che la ragazza era imbattuta ha
voluto affrontarla. Fossi in te, non scommetterei su di lui... sta per fare una
brutta fine.>
<Hai molta
fiducia, in lei.> gli disse Clint.
<Ora
vedrai...> rispose Daniel.
Messi uno di fronte
all’altro era come vedere il fantomatico incontro raccontato nella bibbia tra
Davide e Golia. Lei non sembrava minimamente intimorita. Raccolte le scommesse,
cominciò il loro duello; la ragazza iniziò a “ballargli” intorno, per non farsi
afferrare: spalle, torace e bicipiti facevano facilmente intuire l’enorme forza
di cui Andrey poteva disporre. Il pubblico la incitava a colpire, e presto lei
li accontentò, lasciando partire alcuni jab
al volto, che però il russo incassava senza batter ciglio. Vedendo che i
pugni non gli facevano effetto passò ai calci, prima al costato, poi mirati
alla testa, ma uno di questi venne bloccato. Le afferrò la caviglia e le fece
perdere l’equilibrio, poi la sollevò da terra, portandosela al di sopra della testa, cacciando un urlo rabbioso.
La forza di cui era capace lasciò gli spettatori a bocca aperta; alcuni di essi
distolsero lo sguardo, sapendo cosa le aspettava. Andrey infatti la sbattè per
terra, facendole fare un forte tonfo. Stordita e
indolenzita, la donna non fece in tempo a rimettersi in piedi che il suo
avversario l’afferrò nuovamente e la strinse in una presa dell'orso, la presa all'altezza delle vertebre lombari volta
a stritolare l’avversario.
<Le spezzerà
la schiena!> gridò Clint.
<Aspetta...>
gli disse Daniel, fiducioso.
La ragazza si
divincolò, digrignando i denti per il dolore. Le braccia erano bloccate tra
quelle di Andrey, le era impossibile liberarsi. Gli diede una violenta testata
sul naso, rompendoglielo. Il dolore accecante gli fece portare le mani al
volto, liberandola. Una volta ripreso fiato, la ragazza
colpì Andrey con forza dietro le ginocchia, facendolo cadere in terra,
poi gli strinse il collo tra le gambe, strangolandolo. Il russo iniziò a
schiumare dalla bocca, fino a quando non perse i sensi. Nella stanza ci fu un
boato. Uno degli scommettitori le diede un asciugamano.
<Allora? Che ne
pensi?> chiese Daniel.
<Straordinaria.>
rispose, in un misto di ammirazione e nervosismo.
<Vieni che te la
presento...> fece un segno alla donna, che gli andò incontro.
<Parlate con il
linguaggio dei segni?> chiese Clint.
<Scherzi? Parla
benissimo, e sa leggere le labbra... se potresti parlarci per ore e non t’accorgeresti
mai che è sorda... eppure, non sentirebbe il clacson di una macchina nemmeno se
stesse seduta sul cofano.>
Con l’asciugamano
al collo e dissetandosi con una bottiglietta d’acqua, la ragazza fu finalmente
di fronte ai due. Clint notò che si trattava di
una donna Cheyenne e non di una latina, come da lontano sembrava essere.
<Terry Malloy,
ti presento la nostra donna meraviglia...
Maya Lopez.>
<Piacere...>
le disse la donna, porgendogli la mano bendata.
<Maya
Lopez...> pensò dentro di se Barton <Questo nome mi dice qualcosa...>
e mentre le stringeva la mano, ebbe l’illuminazione.
<Ma certo! Maya
Lopez... ecco dove ho già sentito questo nome! Questa donna... è stata la prima
insegnante di Kate...>
Continua...
Le Note
Come sono solito fare, i titoli delle mie
storie sono sempre citazioni di film famosi (tradizione che per quanto
possibile cercherò di mantenere ^_- ), in questo caso si tratta di una
rivisitazione del film di Gabriele Muccino La
Ricerca della Felicità con Will Smith (eh,
dove appare anche un’action figure di Capitan
America, giocattolo preferito del figlio del protagonista :D ). Per il
nostro Clint invece si tratta di una ricerca opposta, in quanto deve scovare
chi di recente lo ha reso molto infelice.
Ma non è la sola citazione presente in questo
numero...
1= Il nome Robert Mayer l’ho preso dall’autore
del romanzo Super, L’ultimo eroe, opera
del 1977 perlopiù sconosciuta, ma che servì d’ispirazione per i capolavori come
Watchmen di Alan Moore e Il Ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank
Miller.
2= Il Red Bear è un bar perlopiù frequentato da
detective, mercenari e cacciatori di taglie inventato da Igor Della Libera
nella serie di Moon Knight.
3= Anche il nome Terry Malloy è una
citazione-omaggio: si tratta del nome del personaggio interpretato da Marlon
Brando nel celebre film Fronte del Porto,
interpretazione che gli fruttò il suo primo oscar.
4= L’avete colto? Se come me siete cresciuti
nelle sale giochi negli anni 90 sicuramente si... il personaggio in questione è
un Easter egg ispirato a
Zangieff, personaggio del videogame
picchiaduro Street Fighter, che
spopolava ai mei tempi. Dato la piega
che ha preso la mia storia, mi sembrava doveroso omaggiarlo!
A presto!
Carmelo Mobilia.